The White Park

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Mercoledí 7 febbraio 2007
 

Lo Studio Stefania Miscetti presenta la terza mostra personale di Luca Guatelli intitolata “the white park”, un ciclo di undici sculture ed un’opera a parete di grandi dimensioni.
 

Scheletri di alberi bianchi, tempestati di spilli. Cortecce scialbate dalla pittura, come pagine vuote su cui scrivere un’ altra storia. E’ la natura vista dal giovane Luca Guatelli (Bruxelles, 1979), protagonista della personale «The white park», fino al 17 marzo allo Studio Stefania Miscetti. Undici sculture e una grande opera a parete che formano l’ installazione creata dall’ artista per lo spazio espositivo. Motivo unificante è la scelta del monocromo, per riportare la pittura al grado zero ed esaltare il chiaroscuro. Un pigmento, il bianco, affascinante proprio per il paradosso di riunire in sé tutti i colori. Con sottili giochi tonali, Guatelli ne scopre le infinite qualità plastiche, arricchite da inserti materici come gli spilli e il silicone. «Il lavoro – spiega l’ artista – è nato da un’ idea semplice, ma con cui potevo sperimentare inclinazioni e tessiture diverse. Nel tempo, poi, ne ho fatto una tecnica». Così, uno spillo dopo l’ altro, tronchi e radici si trasformano in una foresta zen. E, se l’ ago può evocare il dolore, le sculture di Guatelli non lo lasciano trapelare. Piuttosto, somigliano a un bosco innevato, dove lo sguardo si rasserena. E gli aculei metallici aggiungono agli alberi un tocco di vitalità, che quasi viene voglia di accarezzarli. Morbidi al tatto, rinsaldano il legame, troppo spesso lacerato, tra umanità e natura. «Anche se vivo attaccato alla città – confessa Guatelli – sto bene in campagna e al mare. Se ci penso, la natura mi nutre ed è l’ unica fonte pura di energia rimasta». Un cuore che pulsa sotto quelle forme ridotte all’ osso, facendole apparire vive. Linee che si espandono nello spazio e avvolgono lo spettatore, libero di attraversarle. Il dialogo tra pittura e scultura emerge soprattutto in alcune opere, dove al rivestimento di spilli si alternano campiture di bianco. Da una parte, la pressione plastica, dall’ altra i valori di superficie del colore. Ma l’ accostamento allude anche alla capacità della natura di rigenerarsi, nonostante le ferite che subisce di continuo. Dunque, un’ estetica della cura, più che della sofferenza, per un giovane ai primi passi nel mondo dell’ arte. Con la speranza che le nuove generazioni riscoprano il piacere del fare, in una società ai limiti del virtuale. «Dopo il boom dell’ elettronica e della fotografia – conclude Guatelli – , mi pare che gli artisti stiano tornando alla manualità. Ed è un buon segno, perché penso che l’ arte non possa fare a meno della sua componente artigianale».
Luca Guatelli

 

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